Gli Stati Uniti restano il primo mercato estero per il vino italiano, ma i nuovi dazi introdotti dall’amministrazione Trump stanno complicando le prospettive. Con tariffe del 15% già in vigore e minacce di ulteriori rincari fino al 30%, molti produttori — in particolare chi lavora in biologico — si trovano a ripensare le proprie strategie di export.
Il biologico, spesso posizionato su fasce di prezzo medio-alte, rischia di subire più della media la contrazione della domanda americana: un rincaro a scaffale dell’8–12% può spingere i consumatori a scegliere alternative domestiche o provenienti da altri Paesi esportatori.
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Fra i mercati alternativi in grado di assorbire, e valorizzare, il vino biologico italiano, ricordiamo:
L’Europa che cresce: Nordics, Germania, Svizzera
Al Nord, mercati come Svezia, Norvegia e Finlandia sono da anni all’avanguardia nella richiesta di vini sostenibili. Nei monopoli di Stato, il vino bio rappresenta già oltre il 10% delle vendite, e tender sempre più selettivi chiedono formati leggeri e garanzie di sostenibilità. Germania e Svizzera, dal canto loro, offrono grande capacità di spesa e una sensibilità crescente per i marchi green: due piazze di vicinato dove il “Made in Italy” bio gode di ottima reputazione.
Fuori dall’UE: Canada e Regno Unito
Il Canada, grazie all’accordo di libero scambio CETA e all’equivalenza con lo standard biologico europeo, è forse il mercato extra-UE più semplice da presidiare. Québec e Ontario, gestiti da monopoli pubblici, aprono regolarmente bandi dedicati al vino organico.
Il Regno Unito, nonostante la Brexit e la nuova tassazione sugli alcolici basata sul grado alcolico, mostra una crescita costante dei consumi bio: qui la sfida è riformulare linee con gradazioni alcoliche più basse per contenere la duty.
L’Asia in prospettiva: Giappone, Corea del Sud, Hong Kong e Singapore
Il Giappone applica dazio zero ai vini UE, ma dal 1° ottobre 2025 per utilizzare la dicitura “organic/有機” servirà la certificazione JAS. Un percorso che richiede tempo, ma apre le porte a un mercato sofisticato e in crescita.
La Corea del Sud è già uno degli importatori più dinamici in Asia, con grande spazio per l’e-commerce e i consumatori giovani. Hong Kong e Singapore, infine, non pongono dazi rilevanti e si confermano hub premium per tutta la regione.
Mercati emergenti: Vietnam e oltre
Con l’accordo EVFTA, i dazi sul vino europeo in Vietnam si stanno progressivamente riducendo. Resta però l’incognita di nuove accise interne che potrebbero erodere i vantaggi tariffari. In generale, Sud-Est asiatico ( ad esempio Thailandia) e America Latina vanno considerati come sbocchi di medio periodo, dove costruire relazioni commerciali già oggi.
Conclusione
Il quadro globale è chiaro: i dazi USA impongono al vino biologico italiano di guardare a possibili alternativa, puntando su mercati dove la sostenibilità è un driver di acquisto consolidato.
Dal Nord Europa al Canada, passando per Asia e Svizzera, esiste una platea di consumatori pronta a riconoscere valore alle bottiglie italiane certificate bio. La sfida sarà anticipare le richieste regolatorie, adattare i formati e comunicare non solo il gusto, ma anche la storia di rispetto per la terra che rende unico il nostro vino.




