Buone pratiche biologiche

L’applicazione delle buone pratiche di agricoltura biologica costituisce un modello di riferimento per l’azienda biologica.
Ogni azienda agricola biologica ha una sua particolare fisiologia intesa come ciclo ottimale della sostanza organica, della fertilità e quindi dei nutrienti.
Draghetti nel suo “Principi di fisiologia dell’azienda agraria” indica come il veicolo della fertilità, per l’azienda agraria, è costituito dalla sostanza organica e dal suo fluire all’interno dell’azienda dalle colture (apparati radicali) ai residui colturali, dai concimi verdi da sovescio alla stalla e ai terreni. Draghetti distingue la piccola dalla grande circolazione; la piccola circolazione è formata dal circolo delle sostanze vegetali: colture, residui colturali, apparati radicali e colture da sovescio. La grande circolazione invece prevede anche il letame ed in generale le deiezione animali che entrano nel ciclo della fertilità; il metodo Draghetti promuove la realizzazione del cumulo di compostaggio quale elemento centrale per la fertilità organica dell’“azienda organismo”.

Oltre ad una particolare fisiologia, l’azienda biologica ha anche una propria anatomia, con una propria struttura verificabile, ovvero elementi fisici visibili che la caratterizzano.
Fra questi, ricordiamo la presenza di un riparto culturale, quindi di più coltivazioni, e la presenza di cumuli di compostaggio.

Buone pratiche

Le buone pratiche aumentano la qualità del prodotto ottenuto e possono essere uno strumento per la valutazione del rischio e un supporto per il controllo per la certificazione biologica.
Si può quindi procedere alla definizione di modelli per l’applicazione ottimale del metodo dell’agricoltura biologica per gli indirizzi colturali nelle determinate aree geografiche. Al discostarsi dal modello di riferimento può diminuire l’equilibrio del sistema bio aziendale e aumentare il rischio.

Le lavorazioni del suolo: una buona pratica è l’utilizzo di particolari attrezzature tipiche per le lavorazioni del terreno o per il controllo delle infestanti, quali ad esempio il ripuntatore, l’erpice strigliatore, il trapiantatore del riso.


Aratura: questa comporta rivoltare “sotto” lo strato superficiale ricco di sostanza organica e microflora e fauna, e deve essere effettuata superficialmente, attorno a 30 cm, per mescolare lo strato superficiale “omogeneo”. L’azienda userà quindi aratri di piccola/media dimensione. Stesso effetto di mescolamento degli strati superficiali può essere attenuto con la vangatura.


I risultati che si possono ottenere includono il miglioramento e la protezione del suolo attraverso:
-aumento della materia organica nel terreno;
-rallentamento dei fenomeni erosivi;
-mantenimento del contenuto di azoto nitrico.

Siepi, alberi e fasce di rispetto sono importanti aree di sviluppo della Biodiversità.


Il cumulo di compostaggio.
La tecnica di compostaggio dei residui organici e il miglior metodo per la gestione e la valorizzazione della sostanza organica da utilizzarsi quale concime.
Il cumulo è uno degli oggetti caratterizzanti l’anatomia dell’azienda biologica ottimale.
L’ottimale gestione del cumulo di compostaggio deve prevedere un rapporto fra sostanze organiche ricche in carbonio e sostanze ricche in azoto, una temperatura che si sviluppa fino a 65-70° e un pH acido.
La fase termofila consente inoltre una inattivazione di eventuali semi di infestanti e di batteri eventualmente dannosi a livello igienico. Il processo di compostaggio che prevede una fase termofila per poi stabilizzarsi e un’acidificazione consente anche l’inizio delle solubilizzazione dei minerali contenuti e le polveri di rocce eventualmente aggiunte al cumulo di compostaggio.
La miscelazione delle sostanze organiche deve anche tenere in considerazione l’ottenimento di una granulometria che permetta la penetrazione dell’aria e quindi lo svolgimento di processi di tipo aerobico all’interno del cumulo.
A tal fine anche le dimensioni del cumulo spesso vanno regolate di conseguenza e devono rimanere tali per permettere sempre la penetrazione dell’aria: normalmente le dimensioni sono a larghezza di circa 4 m e un’altezza di circa 2 m con una lunghezza indefinita.
Il compostaggio di tipo aerobico è anche una buona pratica dal punto di vista del riscaldamento globale in quanto produce solo CO2 e non metano (CH4) che ha un potere 20 volte maggiore di trattenimento del calore solare in atmosfera.


Compostaggio in superficie.
La presenza di uno strato di residui vegetali nella superficie del terreno è un altro elemento che può contraddistinguere l’azienda biologica. È una pratica meno interessante del compostaggio in cumulo ma che può avere una validità quando vi sono grandi quantitativi di residui colturali disponibili sul terreno, nonché per meglio utilizzare i residui vegetali delle colture a pieno campo, ad esempio i culmi del grano e le paglie dei cereali, specie nelle aziende che non hanno bestiame.

Il sovescio, ovvero l’interramento di colture per mantenere o aumentare la fertilità del terreno, è un’altra pratica irrinunciabile nelle aziende bio. Particolarmente importante è il sovescio di leguminose per fissare direttamente l’azoto atmosferico. Tramite l’azotofissazione, infatti, l’azoto si trasferisce dall’azoto presente nell’atmosfera al terreno. Ad esempio, nei noduli radicali del trifoglio o della veccia alloggiano dei batteri simbiotici capaci di fissare l’azoto atmosferico. Questo viene reso disponibile quando le radici si compostano nel terreno.
La percentuale di azoto che rimane disponibile per la successiva semina è solitamente compresa tra il 40% e il 60% dell’azoto totale prodotto.

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